di Maria Coletti - Cinemafrica
E’ ormai completo il cartellone del 61. Festival di Cannes, dopo le presentazioni della selezione ufficiale e delle due principali sezioni parallele, la Quinzaine des Réalisateurs e la Semaine de la Critique. Rimane abbastanza sguarnita la rappresentanza panafricana nella selezione ufficiale: oltre alla presenza, nella giuria presieduta da Sean Penn, del regista franco-algerino Rachid Bouchareb, autore dell’intenso Indigènes, presentato proprio a Cannes un anno fa, bisogna segnalare il progetto di un’opera prima dalla Somalia selezionato per partecipare all’Atelier della Cinéfondation (Queleh di Abdi Ismael Jama).
Infine, nella sezione Un certain regard, spiccano due titoli di interesse panafricano: Johnny Mad Dog del francese Jean-Stéphane Sauvaire e Tyson dello statunitense James Toback.
Prodotto da Mathieu Kassovitz e tratto dall’omonimo romanzo del congolese Emmanuel Dongala, il film affronta la questione dei bambini soldato rimanendo il più possibile fedele al racconto, in parte autobiografico, di Dongala e scegliendo uno stile a metà strada fra documentario e finzione, tanto che sono proprio alcuni ex bambini soldato a recitare nel film, interpretando se stessi e le storie dei tanti ragazzi come loro, vittime e carnefici allo stesso tempo. Johnny Mad Dog ha 15 anni e non conosce pietà. Vive di istinto, freddezza e violenza, aggirandosi per le strade della città con uno squadrone della morte. Laokolé è invece una ragazza che cerca di sopravvivere alla follia della violenza, difendendo la madre e il fratellino, mentre il gruppo di Johnny si avvicina, sempre più minaccioso. Il film è stato girato in Liberia, dove sono stati selezionati i 15 ragazzini protagonisti, con i quali il regista ha lavorato per circa un anno prima di arrivare alla realizzazione del film. Un cammino insieme che sembra continuerà: il regista ha infatti creato la Fondazione Johnny Mad Dog, che aiuterà questi ragazzi a reinserirsi nella vita civile, andando a scuola o trovando un lavoro.
Se nella Semaine de la Critique non troviamo nessun titolo da segnalare, applaudiamo invece il ritorno sulla Croisette del regista franco-algerino Rabah Ameur-Zaimeche, con il film Dernier maquis, in concorso nella Quinzaine des Réalisateurs. Terzo lungometraggio di Ameur-Zaimeche, il film dovrebbe chiudere la sua ideale trilogia in parte autobiografica, iniziata con Wesh, wesh, qu’est-ce qui se passe? (2002) e proseguita con Bled Number One (in concorso nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes nel 2006). Scritto dal regista assieme a Louise Therme, Dernier maquis affronta il tema dell’Islam in Francia, nei quartieri popolari e nel mondo del lavoro, prendendo spunto dalla storia del padrone di un’officina che apre una moschea nei sotterranei di un hotel di cui è proprietario. Nel cast del film, accanto allo stesso Rabah Ameur-Zaimeche, troviamo fra gli altri Fellag (L’Ennemi intime, Michou d’Auber), Sotiguy Kouyaté (Little Senegal) e l’intenso Abel Jafri, che ha già recitato con lui in Bled Number One e che abbiamo visto di recente anche nel film L’Autre moitié dello svizzero Rolando Colla, presentato in anteprima italiana a Panafricana 2007.
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